domenica 16 settembre 2012

giovedì 26 aprile 2012

Pane al pane (un vecchio pezzo sempre attuale)



Una premessa: se avete dieci minuti buoni di tempo da perdere e non siete ultras leggete questo pezzo; diversamente aspettate tempi migliori.




Partiamo dal principio, anche a costo di sembrare prolissi. Voi che allo stadio soffrite, piangete,
esultate, vi fate venire la tachicardia, il mal di stomaco e di fegato, a volte la diarrea; voi che vi trasformate da calmi e raziocinanti padri di famiglia in personaggi grotteschi, sudaticci e balbettanti solo perche la vostra squadra perde o vince una partita. Voi che, esattamente come me, fate tutto questo, vi siete mai chiesti perche ? Quando al sabato prima di Piacenza (o di Rav

enna, o di Firenze, o di mille altri posti del cazzo dove il Grifone si è esibito "dentro o fuori" in questi anni) avete la salivazione azzerata, litigate con la moglie o il marito e non capite il perche, dovete prendere il tavor da due sere per dormire, lo sapete perche lo fate ? Perche cercate emozioni, le stesse emozioni che può darvi un qualunque gioco, dai tempi dei gladiatori romani a quelli dei giorni nostri: i calciatori.

Ora, ragioniamo su questo punto: le emozioni sono tali se sono imprevedibili. Buttarsi giu da un ponte legato a un elastico non offre alcuna emozione se sai per certo che cio non comporta alcun rischio. Siamo daccordo ? (cazzo, sembro Vanna Marchi...) E quindi non pare azzardato sostenere che

ALLO STADIO TI EMOZIONI PERCHE PUOI VINCERE O PERDERE
Però non lo sai prima, e qui sta il bello: vai allo stadio, e soffri, perchè ti metti in gioco. Se vinci, al lunedi mattina in ufficio passi all'incasso; se perdi sono tutti cazzi tuoi. Un azzardo, quindi, un puro e semplice azzardo. Ne' più ne' meno che al casinò. Con una differenza però: il gioco che tu guardi, è fatto da persone a cui puoi comunicare la tua emozione (mentre la pallina della roulette è a ciò notoriamente refrattaria), per cui, in un certo senso, fai parte del gioco anche tu, tifoso di calcio che più soffre o si esalta e più, spontaneamente, spinge con l'incitazione i giocatori della propria squadra. Bello vero quello che avete letto ? E dove sta la novità, direte voi ? In una parola, che forse vi è sfuggita:

ALLO STADIO TI EMOZIONI "SPONTANEAMENTE"
Vi pare poco ? E' importantissimo invece: è il limite che distingue una rissa da trance agonistica da un agguato premeditato ad un treno. Quanti di voi non hanno mai litigato allo stadio ? Personalmente ho litigato molto spesso, con tifosi avversari e con tifosi genoani, ho anche minacciato di passare alle vie di fatto con due distinti signori parmensi in giacca e cravatta che si sono allontanati in fretta e furia, ma non mi sognerei mai di tendere un agguato premeditato, a freddo, a chicchessia; e tantomeno di andare allo stadio dicendo, fin dal mattino, oggi applaudirò oppure oggi fischierò. Quando sono lì e la squadra mi soddisfa applaudo (anche se perde), se la squadra non mi soddisfa, e mi sono comunque stufato di applaudire ed incitare che sembra di menarlo a dei morti, allora fischio. Ma non lo so prima, non posso organizzarmi. Quindi, altra parola magica, a capo

ALLO STADIO TI EMOZIONI DISORGANIZZATAMENTE

semmai se il capoufficio vi tiene d'occhio continuate stasera a casa; un tempo il tifo non era organizzato, ne' tantomeno esistevano gli ultras. Esisteva solo tanta gente (molta più di adesso) che "annava a vedde u zena", e la Gradinata Nord era temuta e rispettata da tutti i giocatori avversari perchè "faceva paura", e quel muro umano di emozioni, di facce arrossate, di voci roche, di boati ai goal, ti faceva tremare le gambe e metteva le ali ai piedi ai tuoi avversari, che quando si alzava poderoso il grido "u moia", raddoppiavano le forze e ti pressavano nella tua area finche non ci usciva il goal. Funzionava benissimo, ma non c'erano ne' megafoni nè terrazzini, ne' bandiere rosse ne' svastiche nere. Insomma, in poche parole

ALLO STADIO LA TIFOSERIA ORGANIZZATA NON SERVE A NULLA
La tifoseria si organizzava solo per le trasferte, e l'organizzazione era delegata ai club, vere istituzioni di quartiere dove, tra una partita di boccette e una mano a cirulla, si affittava il pullman; magari quando si sentivano al telefono una decina di club numerosi si organizzava anche il treno speciale. Così nacque il Coordinamento Club Genoani, prima istituzione del genere in Italia (primi come in quasi tutto, nel bene e nel male). Ma lì, e al negozio che vendeva le sciarpe e i "gagliardetti", si fermava il loro compito. Poi allo stadio si dava libero sfogo alle proprie passioni, e se ci scappava anche un paio di spintoni tra chi fischiava e chi applaudiva non c'era niente di male: la domenica dopo magari le parti si invertivano e si ricominciava da capo. Il tutto liberamente, ma sempre con in testa una sola cosa che dominava la mente: u zena.

Paragonate ora un po' quello che vi ho appena descritto con la situazione attuale, di Marassi ormai come di tutti gli stadi d'Italia (che prima forse eravamo un isola felice): le emozioni più forti non vengono più da una giocata di tacco, ma, come con l'elastico dal ponte, vengono dall'aver evitato un razzo in testa; nel nostro piccolo quest'anno ci siamo scaldati molto di più per le gesta degli ultras che per le pedate dei protagonisti, e così ormai è in tutta Italia. Gli spettatori calano drasticamente, mentre aumenta il numero dei poliziotti. Andare allo stadio è più complicato che andare a fare una visita ad un carcere: tornelli con metal detector, sbarramenti con autoblindo e armigeri che spuntano dal tetto in tenuta antisommossa, bottigliette d'acqua senza il tappo, caffè rigorosamente senza grappa, tifosi trattati senza dignità. E tutto questo per chi ? Per me ? Per voi ? Nossignori, tutto questo per gli Ultras, ovvero la faccia distorta della tifoseria organizzata, che con le loro gesta tengono ormai in ostaggio tutto il carrozzone. Vale la pena di ribadirlo

ALLO STADIO SIAMO TUTTI OSTAGGIO DEGLI ULTRAS
Da sempre ogni anno una squadra vince il campionato, alcune retrocedono, le altre si accontentano di aver giocato bene,
pazienza, ci proveremo l'anno prossimo. Ora no. Persino a Treviso, dove si sono trovati in A senza nemmeno sapere perchè, gli ultras contestano e spaccano tutto perchè retrocedono, e il presidente di turno non ha speso abbastanza. Tutti bulicci col culo degli altri, dico io. Gli ultras ormai dominano tutto, e se la squadra perde cosa gliene frega a loro ? Sono autoreferenziali, si scambiano i filmati degli incidenti, si fanno forti del loro potere, decidono chi e come deve pagare. Ho letto in queste ore che chi critica i "veri ultras" della nord è irriconoscente perchè se non ci fossero loro a difenderci noi tifosi disorganizzati prenderemmo tante botte: la mia risposta è che se non esistessero i movimenti ultras non ci sarebbe bisogno di alcuna difesa, e allo stadio verrebbe tanta gente, che invece ora se ne sta in poltrona.

ALLO STADIO SENZA ULTRAS SAREMMO MOLTI DI PIU

E allora andiamo avanti così, facendo il gioco di chi ci vuole davanti alla TV a leggere pubblicità sul dischetto del rigore; oppure vogliamo provare a fare qualcosa noi da soli senza farci condurre
come pecore dagli ultras e da chi non li vuole bloccare ? E' vero, abbiamo visto coreografie stupende, ma se il prezzo da pagare oggi è questo in fondo le coreografie le possiamo vedere anche alle olimpiadi, per cucire trentamila bandiere bastano trentamila nonne, per urlare "Forza Genoa" basta la Golia.
Ah, dimenticavo: anche la beneficenza si può fare in mille modi.
Liaigh


Genoa, 27 Marzo 2006 

lunedì 23 aprile 2012

domenica 25 marzo 2012

Appunti di viaggio

Oggi, dopo molti mesi, ho rimesso gli occhi su una partita del Genoa.
In effetti, è stato confortante, come se il tempo non fosse passato e avessi ancora venti o trenta anni :-)

Ma quante diavolo di partite avrò visto così?

L'atmosfera sugli spalti era la classica delle partite del Grifo, se si eccettuano 4 anni di Scoglio + Bagnoli o i 4 anni di Gasperini.

Quella atmosfera che si compendia nel "Se vinco godo, se perdo mi sfogo".

Da questo punto di vista è andata male :-).

Mi è anche venuta in mente una bella scena del film Bianca di Nanni Moretti, che potete vedere qui.





Il preside di una scuola superiore alquanto stralunata, in una specie di riunione dei professori o evento di presentazione dell'istituto, non ricordo bene, a un certo punto, dopo aver indicato la "Dino Ferrari" come epifenomeno della bellezza,  e, prima di riferirsi a "James Bond" come "L'uomo, nella sua sintesi più alta", alla voce "Intelligenza collettiva", evoca "La Juventus di Omar Sivori".

Ebbene, questo proprio è il punto.

Il Genoa di oggi non ha l'intelligenza né della Juventus di Omar Sivori, né di quella di Omar Sharif, né di quella di... Omar Milanetto.

Né in campo, né fuori.

In campo, ci sarebbe molto da dire, a essere impietosi, tipo a proposito di Veloso, che mi pare buono giusto per il surf, la pubblicità della Pepsi o per fare il testimone di nozze di Zé Eduardo.
O a proposito del gioco sulle fasce, che è poderoso e rutilante come una ragnatela in cantina.

Ma ancor di più mi pare ci sia da dire rispetto a ciò che, palesemente, succede fuori dal campo.

L'atmosfera del Genoa è quella di un centro commerciale alle due del pomeriggio, in un giorno di bassa stagione, quando una prima parte dei clienti (e della mercanzia) se ne è andata, il direttore è stato licenziato e sta raccogliendo le sue cose, e non si sa bene se la multinazionale proprietaria ha intenzione di tenere ancora aperto il negozio in un quartiere sempre meno abitato, oppure lo trasformerà in un cinema multisala, un campo da bocce o raderà al suolo tutto per interrare nel terreno rifiuti speciali (e con essi anche la salma di Veloso, in un pilone, si spera).

Il pesce puzza dalla testa e la testa mi sembra che non abbia le idee molto chiare e che non abbia neanche tanta voglia.

Speriamo di incontrare sulla nostra strada un altro piemontese presuntuoso, che faccia da parafulmine e che ci restituisca entusiasmo e voglia di mugugnare, altrimenti ci aspettano anni di Veloso a fare da manichino in vetrina (o il boccino).

venerdì 23 marzo 2012

Druidi ad honorem: Giorgio Luraschi

Non ho conosciuto Giorgio Luraschi.
Però le nostre strade si sono incrociate inconsapevolmente chissà quante volte.
In due circostanze, in modo molto preciso.
E' stato il professore di Storia del Diritto Romano della mia amica Piperita Boccoli all'Università cattolica di Milano.
Ed è pure capitato che noi Druidi abbiamo scritto con lui, senza conoscerlo, cinque capitoletti dello stesso libriccino.
L'altra cosa che ci univa (e che ci ha fatti incontrare chissà quante volte) è che abbiamo frequentato entrambi per tanti anni la gradinata Nord, io muovendomi semplicemente da Castelletto, lui, ogni volta, viaggiando in auto da Como.
Era, infatti, nato a Genova per puro caso (il papà era un militare), ci aveva abitato pochissimo, ma si era innamorato in modo folle del Genoa, come se il Genoa si potesse amare in un altro modo, poi.
L'aneddotica del suo rapporto con il rossoblù è sterminata, e va da quando, pare, pretese che tutti gli ornamenti del rinfresco delle sue nozze fossero degli amati colori, alle strepitose imprese durante le trasferte.
Pare persino che durante l'anno di trasferte europee del Grifone, lui, che non mancava una lezione con i suoi amatissimi studenti, "bigiasse" le noiossisme riunioni accademiche infrasettimanali a favore di dottissime assise di studiosi del diritto romano organizzate nelle improbabili sedi di Oviedo, Bucarest...
Amatissimo dai suoi ex allievi, che ricordano come il tempo si fermasse nele aule dove teneva lezione, ha lasciato, tra le altre cose, una bella intervista dove racconta qualcosa di sé e del Genoa, che qui sotto riportiamo, in fondo.
E una bellissima e toccante intervista video, reperibile in rete, dalla quale estraiamo un piccolo brano, meraviglioso, che in qualche modo riguarda anche il Genoa e perché lo amiamo.






Cos’è la cultura?
Mi dicono: sono i libri. Io ne ho settemila, ma non è quello. Leggerli dà semmai informazione. La cultura è entusiasmo, professionalità, consapevolezza. Amore per il proprio mestiere. Una certa umiltà per poter imparare. Gli intellettuali oggi non sono colti, sono solo informati. Sanno tutto di tutti. Non leggo un romanzo da trent’anni. Chi ha entusiasmo ha in mano il mondo. Cosa facciamo noi per dargli entusiasmo? Con l’esempio ci riusciamo”.

Quale altre passioni ha?
Il Genoa. Mio nonno, mio padre ed io siamo nati tutti a tre a Genova. Per caso, ma un caso che fa pensare. La partita in curva è una cosa di cui non ha idea. Dieci anni fa, eravamo primi con Scoglio in B ed io non andavo allo stadio. Mia figlia mi sentì gridare una volta, poi una seconda finché mi disse: papà mi devi portare. È fatta, pensai! Accesi un cero a Santa Rita e la domenica successiva andammo a Monza. Ora siamo abbonati, siamo andati a Liverpool, andiamo ai ritiri. È una passione. Fa parte del mio essere. È un complemento, uno sfogo alla dura vita quotidiana. 


Forse Giorgio Luraschi un po' lo abbiamo conosciuto.

giovedì 9 febbraio 2012

I Ciclisti e la Genovesità


Da qualche tempo capita ogni tanto di incontrare per strada veicoli identificabili come di proprietà di ciclisti (ebbene si, circolano anche loro, anche se si identificano solo nei periodi di festa).
La mia attenzione di Druido è stata colpita da un adesivo, visto più volte, che riporta una frase che, inizialmente, non riuscivo a capire:




In un primo tempo ho pensato a una dichiarazione di disaffezione per quei colori, e per la prima volta non avrei saputo come dargli torto. Poi ho pensato